“CIAO STOP TB ITALIA” di Ait

31/05/2022

Mi chiamo El Hocine, ho 26 anni e sono nato in Marocco.

Parlo arabo, francese e inglese correntemente e sto cercando di imparare, ora che sono in Italia, l’italiano.

Voglio raccontarvi la mia storia di ammalato di tubercolosi perché purtroppo non è solo la mia storia ma quella di tante persone che contraggono questa malattia nel mondo.

Avevo 15 anni, ero in Marocco e tutto cominciò quando i miei genitori si accorsero che tossivo tanto, troppo. In un primo momento pensarono che si trattasse solo di un’influenza, ma la tosse non passava e così mi portarono in ospedale dove mi curarono con antibiotici. Purtroppo pochi giorni dopo dovemmo ritornare perché gli antibiotici non funzionavano: infatti stavo ancora peggio. Mi mandarono subito a fare l’esame del catarro. Non ci volle molto per sapere che si trattava di tubercolosi e mi inviarono al dispensario locale per iniziare la terapia che seguii senza problemi per 6 mesi.

Alla fine della cura mi dissero che era tutto a posto e che ero stato bravo, ma io ogni tanto avevo un male al petto che tornava, avevo paura che qualcosa non fosse davvero a posto: questa fu una delle ragioni per cui decisi di partire dal mio Paese per cercare una cura più sicura.

Chiesi il visto per l’Italia e per la Spagna ma per ben due volte ricevetti risposte negative. Non mi restava altro che partire per un viaggio clandestino: destinazione est verso la Turchia per poi, da lì, raggiungere l’Italia.

Il mio viaggio ha attraversato 15 Paesi e se vi chiedete quanto tempo ci ho impiegato a percorrerlo, il conto è facile: 3 anni e tanta fatica e sofferenza.

Quando arrivai in Serbia ricominciai a stare male: tossivo, non mangiavo, dimagrivo, la notte sudavo tanto ma, purtroppo, proprio in quel periodo iniziava l’epidemia di Covid-19.

Ero alloggiato in un campo di rifugiati e mi misero in isolamento per un mese pensando che mi fossi ammalato di Covid, cosa che, francamente, pensai anch’io.

Nei Balcani, per me, non abituato alle temperature rigide, faceva freddissimo, la notte c’erano 10 gradi sotto zero. Perciò pensai che la causa dei miei mali fosse da attribuire anche a queste temperature.  Mi fermavo per curarmi con antibiotici e antidolorifici e appena stavo meglio proseguivo il mio viaggio.

Riuscii ad arrivare in Bosnia e da lì tentai inutilmente più volte di entrare in Croazia.

Cominciò, in quei tentativi, a farmi male anche la gamba; avevo camminato per giorni e giorni, avevo percorso tantissimi chilometri e anche la tosse e la mancanza di appetito ritornarono.

Ero stanchissimo e proprio in quei giorni mi accorsi che la mancanza di respiro mi costringeva a fermarmi spesso.

Mi resi conto che non sarei riuscito a fare un nuovo tentativo per entrare in Croazia, il confine più difficile tra tutti quelli che avevo incontrato. Decisi di fermarmi e quella fu la scelta giusta perché poco dopo il dolore, che mi prendeva dal piede fino al sedere, raddoppiò e la gamba si gonfiò tantissimo, tanto da non riuscire più a camminare.

All’ospedale di Tešanj mi dissero che avevo una trombosi delle vene profonde e che dovevo stare in reparto ricoverato per almeno 3 mesi.

Non mi fermai così tanto e anche se il medico mi aveva detto di non fare sforzi perché la mia gamba era troppo malmessa, decisi di riprendere il viaggio. Ero convinto che in Italia avrei ricevuto cure migliori che nei Paesi balcanici.

Dovevo trovare una via di mezzo tra non affaticarmi troppo e arrivare alla meta il prima possibile.

Il dolore era intenso, ero stanchissimo e non riuscivo a stare in piedi a lungo. Tentai di fare un giro diverso per raggiungere l’Italia, attraversando Ungheria, Slovacchia e Austria. In Austria mi visitò un dottore che mi fece ricoverare all’Ospedale di Baden dove mi dissero che la trombosi non era guarita e che dovevo fare ancora le cure.

Decisi di farle proseguendo comunque il mio viaggio per l’Italia.

Arrivato finalmente in Italia mi diressi a Milano.

Nel frattempo mi era tornata la mancanza di respiro e tanto tanto dolore al petto, a sinistra, persino quando stavo a letto non riuscivo a girarmi da quel lato.

Mi indirizzarono all’Associazione NAGA dove mi fecero questa domanda: “Sei mai stato ammalato di qualcosa?” e io risposi di sì, che dieci anni fa avevo avuto lei, la TBC!

Questo è stato il momento di svolta nella mia storia: subito mi mandarono a Villa Marelli dove mi fecero una lastra e poi la TAC, e trovarono qualcosa che non andava bene: i segni che si vedevano erano solo le cicatrici della mia vecchia nemica o quelli di un suo risveglio? Purtroppo era tornata!

Mi spaventai moltissimo, non riuscivo a credere che sarebbe potuta tornare! Capii che la cosa era seria, smisi di fumare immediatamente e ricominciai di nuovo le cure che mi diedero per la TBC e per la trombosi venosa.

Ma non finì li: le persone con cui abitavo non volevano più ospitarmi nella loro casa perché avevo la tubercolosi. Così decisi di partire per Trani, dove conoscevo altre persone che potevano aiutarmi.

Quando dopo un mese cercai di tornare a Milano, per la visita di controllo, mi fermarono due volte perché non avevo il Green Pass e questo mi costrinse a interrompere le cure per 15 giorni. In seguito una mail con un appuntamento a Villa Marelli mi permise di raggiungere Milano dove mi dissero che la radiografia era molto migliorata!

Purtroppo non così gli esami del sangue: i miei globuli bianchi si erano molto abbassati, ma io ero già tornato in Puglia. Villa Marelli mi ha avvertito subito consigliandomi un ricovero. Per uno nelle mie condizioni, tubercolosi, trombosi venosa, senza permesso di soggiorno, senza casa, senza famiglia, non è facile trovare posto in un ospedale, ma alla fine l’Ospedale Di Venere di Bari mi ha ricoverato per fare altri controlli e continuare le cure.

È da qui che vi scrivo la mia storia, per condividere la mia esperienza, sperando di far capire a tutti quanto sia importante conoscere e lottare contro la tubercolosi, per dirvi quanto è importante per noi malati sentirci sostenuti e seguiti nella lunga cura, perché la voglia di interrompere le terapie è sempre dietro l’angolo.

Ora anch’io capisco tante cose di questa malattia: che si può prevenire e curare, che avere un buon rapporto con i medici e il personale è importante e che sono stato molto fortunato a ricevere queste cure anche se sono un immigrato irregolare.

Ora ho tanta speranza di guarire presto e bene!

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