Grande come gli adulti, sincero come i bambini: la storia del Dr. Mama Moussa Diaw

02/12/2015

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Occuparsi di progetti sanitari, in particolar modo all’estero, è un’attività complessa e delicata.

Complessa poiché contempla un accurato lavoro d’individuazione delle necessità d’intervento, di analisi delle capacità economiche, di ricerca dei finanziamenti, di valutazione degli strumenti e delle competenze logistiche, gestionali, amministrative e non ultimo necessita di know-how; il tutto ben condito da una discreta dose di burocrazia.

Si tratta altresì di un’attività delicata poiché il lavoro organizzativo è seminato in un campo di relazioni sociali e culturali che caratterizzano il tessuto umano della comunità che si intende supportare, percorrendo con dedizione e attenzione la via della cooperazione e del partenariato. Ma se la semina è buona ed accurata, la complessità e la delicatezza si traducono in obiettivi raggiunti, progressi avviati, conoscenze condivise e nuovi progetti da implementare. Inoltre, di pari passo al miglioramento degli strumenti e delle condizioni sanitarie del territorio, si sviluppano confronti, maturano relazioni e si intrecciano storie.

E’ in questa fase che all’intervento “scientifico” si affianca l’aspetto “umano”, fatto di colori, condivisioni, tradizioni, diversità e aperture culturali ma soprattutto di incontri e di racconti di vita che, nella concentrazione degli impegni da assolvere, spesso rischiamo di non notare. E invece le storie ci si presentano così, senza fretta, lentamente e quasi casualmente; non sono nascoste ma vanno cercate, aspettano solo un pizzico di curiosità.

Il nostro progetto nel Distretto Sanitario di Dioffior (iniziato nel 2013 in collaborazione con l’associazione Yungar per la pace) ha incontrato e affrontato, passo dopo passo, tutte le variabili complesse e delicate legate agli interventi progettuali in campo sanitario all’estero. La semina di questi tre anni di attività si è rivelata efficace e la terra è stata fertile, accanto al progresso sanitario fatto di analisi, numeri e dati percentuali, ha restituito anche un raccolto speciale, quello “umano”: le Bajenu Gox, tutti i pazienti, l’intera comunità dei villaggi e  tutte le figure di riferimento locali, Amadi Senghor (referente amministrativo a Djilor), Maimouna Mballo (tecnico superiore di laboratorio a Diofior) e Lamine Gning (responsabile del Centro di diagnostica e trattamento della tubercolosi di Diofior, supervisore comunitario), i risultati raggiunti sono da condividere con tutti loro, anzi più precisamente sono stati possibili soprattutto grazie al loro concreto impegno e al lavoro svolto dal Dr. Diaw, Medico Capo dell’Ospedale di Diofior.

Mama Moussa Diaw è un giovane dottore, sempre sorridente ed estremamente gentile. Un professionista fidato, un riferimento per la comunità locale e per noi di Stop TB, giunto nel Distretto Sanitario di Diofior nel mese di dicembre 2012 in stretta concomitanza con l’avvio delle nostre attività; nonostante non avesse ancora avuto modo di conoscere approfonditamente il contesto ambientale e sanitario nel quale era giunto, è riuscito in poco tempo ad inserirsi e a contribuire sensibilmente alla riuscita del progetto. Ma la sua energia e la sua positività ben celano una storia personale ricca di sofferenza e di riscatto, che merita di essere raccontata.

Diaw non parla spesso dell’altro suo lato, quello profondamente personale, della persona impegnata per la causa degli oppressi e delle vittime di ingiustizie. Ha affidato però il racconto di questa parte molto dolorosa della sua vita al romanzo autobiografico “Les otages” (Ostaggi) pubblicato nel 2007 e testimonianza letteraria degli eventi interrazziali che hanno avuto luogo in Mauritania tra il 1989 e il 1992. Diversi quotidiani nazionali, riviste ed emittenti televisive locali si sono interessate nel corso degli anni alla sua storia, che Diaw stesso riassume così:

“Sono nato nel 1975 a Podor, nel Senegal del Nord, ma sono cresciuto in Mauritania tra Rosso e Akjoujt. A 5 anni sono rimasto orfano di madre. Mio padre, agente della società elettrica mauritana, scelse a quel punto la via della poligamia, segnando conseguenze dolorosissime per me. Ero il figlio di nessuna delle sue mogli, ho dovuto subire la loro dittatura senza discutere e facevo quello che mi ordinavano. L’infanzia trascorsa con mio fratello piccolo era la vita di un adulto, l’innocenza in frantumi e il cuore pieno di collera. A dieci anni le matrigne mi avevano già classificato tra le persone grandi, in questa atmosfera mi sentivo troppo solo e dentro di me covava la ribellione, ma temevo le punizioni degli adulti.

A causa degli avvenimenti interraziali tra il Senegal e  la Mauritania e dei massacri orchestrati dal regime di Ould Taya* sulle popolazioni nero-mauritane iniziati nel 1989, siamo stati deportati nel campo profughi di Dagana, in Senegal, nel marzo del 1990”.


* Taya fu presidente della Mauritania nel periodo dal 1984 al 2005 e salì al potere con un golpe. Un altro golpe in nome della democrazia per la liberazione del Paese dalla sua dittatura portò alla sua destituzione nel 2005 e al suo esilio in Qatar. Per quanto concerne la politica etnica, nei due decenni della sua presidenza ci furono persecuzioni del gruppo etnico afro-mauritano. Molti mauritani di colore furono inoltre costretti a fuggire all’estero (soprattutto in Mali e in Senegal). Ould Taya perseguitò anche gli Islamisti, alcuni dei quali fece imprigionare. || “Storia della schiavitù e delle lotte antischiaviste in Mauritania” di Milena Rampoldi, 2014 Epubli GmbH, Berlin

 

Di quel periodo Diaw racconta:

“Qui la vita si fece ancora più dura. Nel campo profughi mi svegliavo nella stessa tenda con mio padre, le sue due mogli, mio zio, mio fratello e le mie sorelle. Mi resi conto di aver perso tutto in un lampo. La vita nel campo era un’umiliazione estrema, un giorno fui costretto a mangiare i resti del Comandante della brigata della Gendarmeria di Podor. Ero molto affamato ma avevo rifiutato di mangiare, questione di orgoglio. Anche al cane che avevamo a casa, prima di mangiare, veniva data la sua parte”.

Lasciato il campo dei rifugiati Mama Moussa va a stare dallo zio paterno a Podor e riprende la scuola grazie all’aiuto umanitario della Caritas, dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite (UNHCR) e di un’organizzazione umanitaria francese con sede a Rouen. Non dimentica ancora oggi l’accoglienza che gli fu riservata già alle elementari dai compagni senegalesi:

“Hanno cominciato a rifiutarmi da subito, dandomi il soprannome di “nar-bi” (moro). Ero devastato. Perché quello era il mio popolo, che mi apparteneva e che mi aveva espulso dicendomi di non essere uno di loro. Questa infanzia mi rese più maturo di altri e riuscii nonostante tutto a mantenere sempre l’amore per l’apprendimento. Ciò che subivo era infatti compensato dai buoni voti a scuola”.

Le lettere e i numeri diventano l’unico rifugio mentre cresceva la rabbia verso il mondo intero:

“Molto giovane ho scoperto che non potevo contare sulla società, a volte è crudele e non fa regali”.

Nel 1992 lasciò Podor e, grazie agli aiuti umanitari ricevuti, nel 1995 riuscì a diplomarsi al Liceo El Hadji Omar Al Foutiyou Tall di Saint Louis.

“Nonostante le continue pressioni e la sensazione di incertezza, sono riuscito ai iscrivermi alla Facoltà di Medicina, Farmacia e Odontoiatria dell’Università Cheikh Anta Diop di Dakar grazie ad una borsa di studio dello Stato del Senegal e nel 2003 ho concluso i miei studi con il titolo di Dottore in Medicina e Chirurgia con il massimo dei voti (e con lode). Ma per tutto il tempo ho avuto una sorta di spada di Damocle sulla testa, non potevo permettermi di andare fuori corso o avrei perso la mia borsa di studio, e mi ero affidato unicamente a quella per riscattarmi”.

Ma perché la scelta di diventare dottore?

“Nel campo profughi ho avuto una profonda ammirazione per i dottori di “Médecins Du Monde”, ci hanno aiutato senza aspettarsi nulla in cambio. Anche se ancora bambino, è lì che ho promesso a me stesso che da grande avrei restituito la stessa moneta”.

Conclusa l’Università, mantenne la parola:

“Ho subito prestato servizio in una grande clinica a Dakar, prima di essere assunto dall’Ospedale Regionale di St. Louis nel 2004, dove ho partecipato al primo esperimento di servizio di emergenza centralizzato. Dopo di che, ho continuato la mia strada fino alla fine dell’anno nella sanità pubblica con assegnazione a Tivaouane come Vice Medico Capo del Distretto.

Nell’aprile del 2008, ho chiesto un trasferimento a Kolda per motivi familiari e mi sono ritrovato Assistente Medico Chirurgo del BRISE (Bureau Régional de l’Immunisation et de la Surveillance Epidémiologique) fino al settembre 2009, quando sono stato assegnato al Distretto Sanitario di Goudomp, in Casamance, nella Regione di Sédhiou. Dopo due anni di servizio in questa città, che ormai considero la mia terza città, sono stato assegnato al Koumpentoum nella Regione di Tambacounda, dove sono rimasto fino al 2012. Ho successivamente chiesto un trasferimento per poter avvicinarmi alla mia famiglia e sono arrivato nella Regione di Fatick, dove ancora attualmente ricopro il ruolo di Medico Capo dell’Ospedale di Diofior”.

Il percorso professionale del Dr. Diaw è ad oggi molto ricco: ha partecipato alla stesura di molti documenti e pubblicazioni in materia di HIV/AIDS, di sorveglianza epidemiologica, di malaria e di salute nazionale. Ha conseguito un Master in vaccinologia pratica e in gestione dei servizi sanitari presso l’Università Paris Dauphine e, in questo contesto, è membro della Rete Nazionale EPIVAC del Senegal, oltre ad essere formatore e supervisore del Programma di Vaccinazione e di Sorveglianza Epidemiologica.

Da ottobre 2011 è titolare di una borsa di studio dello Stato del Senegal per proseguire gli studi presso l’Istituto per la Salute e lo Sviluppo (ISED) della Facoltà di Medicina, Farmacia e Odontoiatria di Dakar per l’ottenimento di un Diploma di Studi speciali (DES) in Sanità Pubblica; la discussione della tesi è prevista nel mese di dicembre 2015. A tal proposito ha svolto la maggior parte delle attività di ricerca operativa nel campo della tubercolosi, con una pubblicazione sulla rivista European Journal of Respiratory Health come co-autore, proprio in riferimento alla realtà del progetto di sostegno alle attività di lotta alla TB di Stop TB Italia Onlus.

Durante il percorso di studi arriva anche l’amore e Mama Moussa incontra la sua anima gemella, una studentessa di farmacia. Sono sposati dal 2005 e hanno una bambina di 9 anni, Néné:

“Loro sono la mia felicità”.

Parallelamente al suo lavoro di medico, svolto evidentemente con estrema dedizione, Mama Moussa coltiva con discreto successo l’arte della scrittura.

Al suo primo romanzo autobiografico “Ostaggi”, che narra di un bambino e della vita in un campo profughi, fa seguito nel 2010 Châtiments” (Castighi), un romanzo ambientato in Senegal e che tratta il tema dell’infanzia di strada, del turismo sessuale e della violenza sui bambini.

Il primo romanzo pubblicato nel 2007  – Diaw alla presentazione della sua seconda opera “Châtiments” presso la Libreria Athena di Dakar nel 2010

 

Ciò che Mama Moussa narra nei suoi libri è una testimonianza molto dura, un urlo dal cuore: l’adulto ritorna ai ricordi di bambino, all’epoca degli avvenimenti interraziali, per raccontare l’ingiustizia e l’impunità; un manifesto contro i crimini razzisti, ma anche contro i mali della società, tra cui le peggiori forme di lavoro minorile e gli abusi:

“Ho scritto questo libro per trasmettere un messaggio alla comunità internazionale affinché vengano giudicati gli autori di crimini, torture e uccisioni extragiudiziali del regime di Ould Sid Ahmed Taya Maaoya. Questi stermini accadevano con l’impassibilità della polizia e anche con la loro complicità, perché nessun omicida, visto anche in atto, è mai stato arrestato”.

In queste poche righe abbiamo voluto raccontare una delle numerose storie che si possono scoprire lungo il percorso di un progetto di cooperazione, in grado di arricchire profondamente ed umanamente il nostro personale bagaglio di esperienza; una testimonianza di riscatto, una vita sorprendente, un medico/scrittore, un uomo che è stato in grado di uscire dalla miseria dei campi profughi, di diventare un medico al servizio del popolo e uno scrittore al servizio degli emarginati dalla società. Un uomo grande come gli adulti e sincero come solo i bambini sanno essere, che non ha mai perso il sorriso, nonostante tutto.

Grazie di cuore a Diaw per aver accettato di condividere con noi una parte così importante della sua vita.

Agnese Cimmino Caserta
Stop TB Italia Onlus 

Articoli e interviste (in francese):
https://fr.wikipedia.org/wiki/Mama_Moussa_Diaw
https://books.google.nl/books?id=c94RYOlo9CkC&printsec=frontcover&hl=nl&source=gbs_ge_summary_r#v=onepage&q&f=false
http://www.avomm.com/Resume-du-roman-Les-otages-de-Mama-Moussa-Diaw_a3014.html
https://levisionnaireafric1.wordpress.com/2012/08/06/interview-de-docteur-mama-moussa-diaw/
http://www.boolumbal.org/MOUSSA-DIAW-MASSACRE-DES-NEGRO-MAURITANIENS-EN-AVRIL-1989_a4214.html
https://levisionnaireafric1.wordpress.com/2012/08/06/interview-de-docteur-mama-moussa-diaw/
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