30/04/2020
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Io, donna di 48 anni, separata e mamma di due figli di 23 e 20 anni, svolgo la professione di CPSI (Collaboratore Professionale Sanitario Infermiere) presso un reparto di malattie infettive.
Quindi, premesso che il batterio sul mio percorso lo avrei comunque incontrato, non pensavo mai di contrarlo.
Il giorno 22 novembre 2019, dopo un esame dell’espettorato e una TAC, mi fu comunicato di aver contratto il batterio; convivenza dura e come tutte le convivenze difficile da gestire. Io e la TBC non condividevamo lo stesso vivere… lei mi ha costretto a un isolamento dal mio mondo professionale e affettivo per un mese, dove tristezza, lacrime e solitudine mi hanno accompagnata. Privata della mia stessa vita (ero una donna molto dinamica, andavo in palestra e a scuola di ballo) mi sono ritrovata catapultata in una vita del tutto lontana dal mio essere e che non sentivo mia, chiusa in una stanza da sola, io e la mia amica TBC condividevamo una prigione, all’inizio a tempo indeterminato. Dai secondini agli infermieri, ai direttori e medici, giorno per giorno cercavo di cogliere ogni minima informazione, sulla mia condanna e quando avrebbe avuto fine, da quelli che, per me, dovevano essere gli ‘avvocati difensori’.
Per fortuna questa è una malattia oggi curabile e la sintomatologia, con la giusta terapia, viene debellata abbastanza in fretta, ma la sofferenza maggiore è interiore, troppo tempo per pensare, troppe problematiche da risolvere dentro e fuori da quelle quattro mura. Sei costretta a stare lontano dal lavoro e dalla tua vita per diversi mesi. Io, soggetto ancora più a rischio visto il luogo dove lavoro, dovevo cercare di tutelare la famiglia e le persone a cui voglio bene. Poiché la ‘mia amica’ tubercolosi fa ancora paura in questa società, a volte avverti la sensazione di emarginazione e l’allontanamento delle persone anche a te care. Ma queste sono le conseguenze dell’ignoranza che ancora ci circonda, forse dovuta alla poca conoscenza di alcune malattie… e anche alla poca pazienza.
L’amica TBC fa uscire fuori la parte peggiore di te: si ha la necessità di essere compresi, ma non si riesce a comprendere chi prova a stare al nostro fianco, con i timori anche di un contagio.
Adesso guarita! Ancora in trattamento, con tutte le cicatrici che mi porto dentro e fuori, cerco di vivere la vita con una certa riserva, ma con la convinzione che ciò che non ti uccide ti fortifica e ‘l’amica TBC’ ha reso le mie radici più solide, per me e per le persone che mi vogliono bene e che hanno vissuto questo percorso con me terminato il 19 dicembre del 2019, quello che io ho chiamato il CAMMINO DI SANTIAGO… da FERMA!
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