“LA SENSIBILITÀ NASCOSTA DEL MALATO DI TUBERCOLOSI” di Sara Lardo

28/04/2020

 

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«Chopin tossisce con grazia infinita».

 

L’umanità ne soffre sin dalla notte dei tempi: nel 2019 le statistiche hanno rilevato quasi nove milioni di nuovi casi. E sue tracce si sono trovate nella spina dorsale di mummie egizie del terzo millennio prima di Cristo. Ma era già presente nell’uomo preistorico. Si chiama tubercolosi, o tisi. Ippocrate la cita negli Aforismi; ricorda che questa malattia è diffusa, fatale. Diventò endemica tra i ceti meno abbienti nel XIX secolo e all’inizio del Novecento.

Nel tempo, le varie culture del mondo assegnarono alla malattia nomi diversi: yoksma (India), phtisis (Grecia), consumptione (latino) e chaky oncay (inca), ognuno dei quali riporta all’effetto di ‘seccare’ e ‘consumare’ della malattia, cachessia (stato di grave deperimento organico). Il suo alto tasso di mortalità tra gli adulti di età media e l’avvento del Romanticismo che impose i pensieri sulla ragione, portò molti a riferirsi alla tubercolosi come la ‘malattia romantica’.

Era il mese di luglio del 2012 quando ho iniziato a frequentare il reparto di Malattie Infettive come Medico in Formazione Specialistica. Tra i miei primi pazienti ricordo un uomo italiano di 50 anni affetto da Tubercolosi Polmonare Multidrug Resistant (MDR-TB).

P: “Ah dottorè… ma cos’è questa polmonite che ch’ò? non era sparita la tubercolosi?”

D: “Purtroppo non è sparita, ma se assumi la terapia come ti diciamo noi, guarirai”.

Mi isolo nell’angolo dello studio medici e inizio a documentarmi…

Ecco qua. Il medico è chiamato nella stamberga di un uomo esausto di fatica. Uno sguardo alla scena, poche interrogazioni. Comprende. Ma come riparare? Come contendere alla morte quel povero essere stremato di forze, denutrito da prolungati digiuni, sferzato, anche nel giaciglio doloroso, dalle preoccupazioni più urgenti per la famiglia, che aspetta il pane dal lavoro di due braccia capaci? Come? Il medico – oh! È bene il medico di condotta – non può ordinare un congruo nutrimento riparatore, vita all’aperto ecc., soggiorno di riposo e di ristoro. Ogni ordinazione consimile è ironia fischiante. È teoria che si frange e va in cocci davanti alla povertà del – diciamolo pure – cliente. E allora?”. Il nostro bravo medico avrebbe dovuto ordinare per il povero tubercolotico quanto mangiavano i degenti del sanatorio della “Montagna incantata” di Thomas Mann: “sei pasti al giorno”, dalla prima colazione con “coppe di marmellata e di miele, piatti di riso cotto col latte, piatti di uova frullate e di carne fredda” al “latte della sera che alle nove viene portato in camera”. Senza contare il riposo assoluto, i bagni di sole, il sanatorio di alta quota, l’assistenza medica accurata e così via.

Altra testimonianza sull’ impotenza dei medici è quella del poeta Guido Gozzano: “Mi picchiano in vario lor metro spiando non so quali segni. Mi auscultano con li ordegni il petto davanti e di dietro. E sentono chi sa quali tarli i vecchi saputi. A che scopo? Sorriderei quasi, se dopo non bisognerebbe pagarli.

Il 2016, quarto anno di specializzazione in malattie infettive, inizia all’insegna di un momento importante per la mia vita professionale e personale: la partecipazione alla terza edizione del corso di formazione per medici italiani cooperanti sulla TBC in Senegal, organizzato da Stop TB, un’associazione apolitica e indipendente impegnata a combattere la tubercolosi in Italia e all’estero.

Alla fine del 2016, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) riportava 490mila casi di tubercolosi multi resistente, in 123 stati membri. Si tratta di stime molto conservative, perché quasi mai i fragili sistemi sanitari dei Paesi coinvolti hanno dati accurati e aggiornati sulla prevalenza della malattia. Non c’è tempo da perdere, e non possiamo aspettare solo le dinamiche della concorrenza, sempre faticose in ambito farmaceutico, per far calare il prezzo dei farmaci e degli strumenti diagnostici. La logica del profitto non si attaglia alle malattie della povertà.

A febbraio 2016 un progetto, il primo avviato nel Distretto Sanitario di Diofor nel 2013 “Intervento di sostegno al programma di controllo nazionale della TB”, si apprestava alla sua conclusione e un altro ne veniva inaugurato: “Progetto Radiologico”. È la sfida dell’avventura in una terra dove è ancora possibile cambiare le cose; è come se l’Italia migliore aspettasse di essere in trasferta per uscire allo scoperto. Il solo pensiero di essere utile ti fa dimenticare il peggio dell’Africa: la dipendenza dagli aiuti umanitari, la mortalità dei bambini, la fuga dalle campagne, la corruzione della burocrazia, il tradimento di una civiltà tribale antichissima in nome di fasulli valori occidentali.

Abbiamo trascorso dieci giorni intensi di formazione, condivisione e integrazione. La parte più bella e importante è stata sicuramente la visita ai villaggi che si vogliono coinvolgere nel progetto. Stare a contatto con la gente locale permette di cogliere prima di tutto la loro umanità, la loro dignità e il loro grande spirito di accoglienza (e su questo come europei abbiamo tanto da imparare!). Attraverso questi incontri e attraverso l’analisi dei territori visitati, abbiamo definito alcuni bisogni ai quali l’intervento di Stop TB vorrebbe rispondere.

È la storia di un grande impegno, quella di Stop TB; un viaggio lungo che coinvolge realtà diverse e che avvicina persone lontane… Un viaggio di andata e ritorno, e dopo una nuova andata un altro ritorno, in un continuo scambio tra Italia e Africa, tra benessere e povertà, tra salute e malattia. Una dichiarazione d’amore e insieme di possibilità: gente comune, istituzioni, imprese, mondo della cultura possono cooperare per un futuro di giustizia, di salute e di pace.

È ora di spegnere il computer; ancora scombussolati siamo alle prese con valigie, zanzariere e zaini. Ci prendiamo gli ultimi momenti per salutare questo paese meraviglioso.

Roma, Estate 2018: la ricchezza, le facce annoiate, invasione del superfluo, frenesia che non lascia più spazio al pensiero e al sentimento si scontrano con la miseria, lo sfruttamento a pochi passi dal centro storico. Finalmente sono specialista in Malattie Infettive già da un anno; incontro il mio primo paziente con TBC MDR; in gran forma e tanto felice di avermi incontrata.

Ci scambiamo un affettuoso saluto; io ero tanto felice di vederlo guarito, grazie alla terapia farmacologica appropriata e a una nutrizione adeguata.

E faccio tesoro di quanto scritto da Stephen Hawking: ricordatevi di guardare le stelle e non i vostri piedi… Per quanto difficile possa essere la vita, c’è sempre qualcosa che è possibile fare, e in cui si può riuscire.

A la prochaine fois Senegal!

 

 

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