“NO PROBLEM” e “VIAGGIO DI SOLITUDINE E SPERANZA” di Rita Poletti

06/06/2022

NO PROBLEM

 

Lo stridulo segnale del fax annuncia un arrivo: notifica di malattia infettiva, maschio, 50 anni, pakistano, nostro residente, diagnosi TB ossea accertata, ricoverato presso reparto malattie infettive.

La notevole barriera linguistica rende molto difficoltosa l’intervista per l’indagine epidemiologica, ma poiché a breve è prevista la dimissione, lo invito a presentarsi al Servizio Igiene Pubblica.

Si presenta puntuale, con un’aria un po’ perplessa e interrogativa; io e la mia collega entrambe assistenti sanitarie, lo accogliamo e gli spieghiamo il motivo del nostro colloquio.

Gli occhi grandi e scuri, lucidi per la commozione sofferta, sembravano alla curiosa e attenta ricerca di un contatto, ma anche interrogativi e preoccupati sull’evoluzione della sua malattia. Ci appare in buone condizioni di salute, ordinato e molto rispettoso, in testa un cappellino con visiera.

Come da prassi, pianifichiamo e organizziamo la prima visita di controllo pneumologico, indaghiamo sui suoi contatti e fattori di rischio. Cerchiamo di metterlo il più possibile a suo agio, dandogli il tempo di capire, semplificando e modulando con termini comprensibili il percorso indispensabile da intraprendere per il proseguimento del trattamento antitubercolare.

Si dimostra sempre attento e molto disponibile a quanto gli spieghiamo, acquisisce una certa fiducia nei nostri confronti e quindi inizia il suo racconto

È scappato dal Pakistan, proviene dalla capitale Islamabad, dove produceva calze sportive in società con i fratelli, che la mamma aveva avuto con un altro padre. Iniziano discussioni e litigi tra loro e lui è costretto a scappare in quanto minacciato di morte dai fratelli che si sono alleati contro di lui. In Pakistan ha lasciato moglie e figli, ha raggiunto l’Italia dove ha cercato ospitalità presso connazionali.

Ci descrive a fatica il lungo periodo di ricovero ospedaliero, manifestando una immensa gratitudine al personale per tutte le cure e l’assistenza ricevuta, ma non nasconde una profonda sofferenza per non aver mai ricevuto in tanti mesi di degenza una sola visita da parte di alcuna persona, nemmeno a Natale, mentre gli altri degenti ricevevano puntualmente parenti e amici, per lui mai nessuno.

Viene periodicamente presso il nostro servizio e si rafforza una relazione reciproca di rispetto e fiducia. Non ci nasconde le sue difficoltà di tutti i giorni, non ha un lavoro, trova un alloggio presso un connazionale, ma il fatto di non poter contribuire al pagamento della sua quota d’affitto gli viene fatto molto pesare. Inoltre gli viene razionato il cibo che lui stesso si procura presso la sede locale della Caritas.

Problem” era il termine più ricorrente nei suoi discorsi. In via di risoluzione il problema di salute, restavano, anzi si ingigantivano giorno dopo giorno, quelli quotidiani, economici ed esistenziali.

A questo si aggiungeva la tristezza e il rammarico per non poter far niente e non essere d’aiuto alla moglie e ai figli in Pakistan. Trova in noi un punto di aiuto e di ascolto, cerchiamo di incoraggiarlo e di supportarlo con alcuni suggerimenti e aiuti economici per alcune esigenze.

Un giorno alla richiesta di pochi spiccioli per potersi pagare il biglietto dell’autobus per recarsi presso la Prefettura del capoluogo, è talmente grande la sua riconoscenza che ci chiama sister.

Accetta di frequentare un corso di lingua italiana dove si trova bene, cerca di inserirsi con le altre persone nel contesto abitativo dove si trova, tenta di avviarsi con la vendita di alcuni oggetti e monili ma con risultati non significativi. Il non avere ancora ottenuto il permesso di soggiorno era uno dei maggiori “problem”.

In tutto questo periodo si pone sempre con una grande dignità, una spiccata volontà di buoni intenti, di voglia di fare e di rendersi utile.

Riusciamo a metterlo in contatto con un centro di accoglienza per stranieri che lo ospita e gli fornisce una possibilità di formazione e occupazione nella cucina interna.

Con la sua irriducibile voglia di fare si affianca alla cuoca titolare del centro e diventa il Paki per tutti.

Ogni tanto sente l’esigenza di venirci a trovare per un saluto, ci racconta i suoi progressi anche con l’italiano, della sua attività di aiuto cuoco, ci racconta orgoglioso di essere in grado di cucinare autonomamente il ragù.

Riesce finalmente ad ottenere il permesso di soggiorno ed è una grande festa anche per noi.

Sente molto la mancanza della sua famiglia in Pakistan, ma almeno adesso grazie a dei piccoli lavori di giardinaggio riesce ad inviargli un piccolo aiuto economico.

Terminata la terapia, trovata una sistemazione e un’occupazione, ottenuti i documenti, riceviamo una sua piacevole visita.

Con soddisfazione e con il sorriso nei suoi grandi occhi scuri, lucidi di una felice commozione, sotto al suo immancabile e inseparabile cappello con visiera, ci comunica con tutto se stesso che “adesso no problem”.

 

Rita Poletti

 

VIAGGIO DI SOLITUDINE E SPERANZA

Non ti ho mai cercato

ma tu mi hai trovato

 

dentro di me ti sei insediato

ed anche il mio muro hai sgretolato

 

non sono più io, sento qualcosa che mi consuma

poi la diagnosi inaspettata e oscura

 

paura, incognita ed inquietudine

mi accompagnano per mesi, assieme ad una forzata solitudine

 

incuto timore nella gente

che non conosce chi tu sia adesso veramente

 

giorno dopo giorno, lunghi mesi di terapia, sulla via del lento miglioramento

che richiede pazienza, assiduità e attento perseguimento

 

ti combatto con i farmaci in associazione

assieme a riposo e un’adeguata sana alimentazione

 

mi assiste una sanità attenta, gratuita e preparata

con la consapevolezza di essere una persona privilegiata

 

termino così questo viaggio misto di speranza e di momenti di triste solitudine

che seppur mi lascerà un ricordo indissolubile.

 

Rita Poletti