Walid – Pecchia

27/03/2024

L’ombra di Walid si allunga sulla sabbia mista a terra che ad ogni passo si solleva in una nuvola che
si appiccica alle sue gambe. Walid corre verso il mare in un misto di sudore, sabbia e terra. Non si è
voltato indietro neanche quando lo aveva raggiunto la voce del piccolo Youssef che lo chiamava e
gli chiedeva di restare. Continua a correre verso il mare; ancora qualche decina di chilometri e
dovrebbe vedere le barche in acqua. Dopo tanta terra, sabbia e polvere finalmente l’immensità del
mare.
Un ultimo sguardo alla sua terra e poi lo tirano sul barcone. Correre non è mai stato un problema,
ma nuotare è tutta un’altra storia. Chissà se gli servirà saper nuotare, se gli basteranno i cento euro
che è riuscito a cambiare il giorno prima di partire, rivedrà mai Youssef?
Non c’è tempo per i pensieri, la barca è già partita e lo spazio è poco. Un bambino piange e urla di
fianco a Walid mentre la sua mamma prova a calmarlo cantando una ninna nanna che somiglia
tanto a quella che la sua mamma canta al piccolo Youssef. Suo fratello è troppo piccolo per capire,
troppo piccolo per aiutare in casa. Da quando il papà si è ammalato manca sempre più spesso da
mangiare e nessuno vuol dare lavoro a Walid. Hanno tutti paura della malattia di suo padre; è un
brutto male che colpisce i polmoni, fa tossire forte e sputare sangue. Walid non ha paura della
malattia, della fame sí.
Ha rubato dei manghi dal campo vicino casa qualche giorno fa ma è stato scoperto, ha ancora la
ferita della bastonata sul polpaccio. Sua mamma si è così vergognata di lui, ma Youssef era così
contento con le guance tutte sporche di polpa gialla. Nel villaggio sempre meno persone stanno
vicino alla sua famiglia, se suo padre si fa vedere fuori dalla capanna le donne portano dentro i
bambini e chiudono le porte.
La pioggia inizia a farsi più forte così come il vento, il barcone oscilla un po’ e il bimbo di fianco a
Walid riprende a strillare. Quanto mancherà ancora? Il cielo è buio, non si vedono le stelle per
colpa di tutte queste nuvole cariche di pioggia.
Sua mamma gli ha permesso di partire perché sa che lui è forte, a sedici anni è pronto per questo
viaggio, lo deve fare per tutti loro ma soprattutto per Youssef, non ha ancora iniziato ad andare a
scuola. Walid invece ci è andato a scuola, suo padre non era ancora malato e portava a casa soldi,
vestiti, cibo per tutti e libri, tanti libri per Walid. Ne ha lette di storie, tantissime sul mondo che c’è
oltre il grande mare. Ha studiato le lingue che si parlano laggiù. È pronto.
Finalmente la tempesta si ferma, le nuvole si diradano e piano piano, timidamente, spuntano i
colori dell’alba. Anche il mare si placa, il barcone non ondeggia più. Il bimbo dorme serenamente
tra le stoffe verdi e arancio che lo legano a sua madre.
Si intravede uno spicchio di terra. Scendono tutti dalla barca, arrivano dei volontari del posto.
Fanno tante domande.
“Non è servito saper nuotare” pensa Walid. Lo smistano in uno stanzone con altri 4 ragazzi che
sono già lì da un po’. Non hanno tanta voglia di parlare, nel viaggio loro hanno perso un amico e un
fratello. Walid è fortunato.
Il tempo di un sonno che sembra durare una settimana e viene chiamato per fare la visita dal
dottore.
“Hai mai avuto la tubercolosi” gli chiede.
Walid non capisce, questa parola non c’era nei libri che gli comprava suo padre.
Il dottore spiega “malattia ai polmoni, tosse, sangue?”.
“Baba” dice Walid “mio papa!”.
Il dottore fa segno di si con la testa. “Facciamo gli esami del sangue allora, vieni con me”.
Walid lo segue, gli fanno un prelievo, lo fanno sputare in un barattolo, una fotografia dei polmoni e
poi il dottore lo saluta: “domani iniziamo la cura”.
Walid di nuovo non capisce, perché la cura? Lui sta bene, solo un po’ di tosse ma non come quella
di suo padre.

“Chiamare casa?” chiede Walid.
Un volontario gli spiega come fare.
“Youssef sono arrivato!” Walid non riesce a contenere la gioia.
“Quando torni” chiede il fratello dell’altra parte del telefono.
“Torno presto, come stanno mamma e papà?”. “Papà non si alza da due giorni, è molto stanco,
suda tanto. La mamma dice che guarirà presto”.
Walid è preoccupato, perché suo papà non ha preso la cura che gli vuole dare domani il dottore?
La notte è burrascosa, pensa a casa e a come spedire al più presto dei soldi e magari questa cura;
deve parlare al dottore.
“Ma come non c’è il dottore al tuo villaggio? Tuo papà deve ricevere le cure” il medico scuote la
testa “Walid tu hai un buchetto nel polmone, è tubercolosi, dobbiamo iniziare la cura”. Il dottore
consegna delle pillole rosse e bianche, Walid non ha mai preso medicine, solo radice di baobab per
il mal di denti da piccolo.
Il dottore spiega che è molto importante prenderle tutti i giorni. Fa un disegno a Walid con tutte le
medicine della giornata. Gli cambiano stanza, una cameretta tutta per lui. Lo rimpinzano di cibi
strani, mai visti, con forme bizzarre. Walid mangia tutto ma pensa a Youssef, chissà se avrà
mangiato almeno un frutto oggi.
I giorni passano, Walid prende la cura senza errori. “Quando posso iniziare a lavorare” chiede ogni
giorno.
“Quando starai bene potrai iniziare” gli rispondono. Walid si sente bene, la tossetta che aveva non
c’è più, il cibo che gli danno lo sta rendendo più forte.
“Papà sta male, è sempre più magro Walid” la mamma è preoccupata. Il dottore ha fatto qualche
chiamata, conosce un suo amico che lavora in un villaggio vicino. Il papà di Walid può ricevere la
cura. Walid inizia a lavorare, gli insegnano a fare funzionare uno strumento che chiamano
betoniera, esce un caldo da lì dentro ma lui non si ferma. Manda i primi soldi a casa, possono
comprare un carretto, il papà di Walid può raggiungere il villaggio vicino.
Finalmente anche lui riceve la cura. Finalmente Walid ce l’ha fatta.

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